I primi giorni della guerra

La spensieratezza prima dell'invasione

Quando a Novembre del 2021 guardavo i notiziari annunciare il concentramento di truppe russe ai confini con l’Ucraina, non presi la notizia con molta serietà. Anche perché le persone del posto minimizzavano tali avvenimenti. E mai avrei pensato che, nel ventunesimo secolo, potesse esserci una guerra di tale scala in Europa. I motivi per cui sia io che altre persone pensavamo ciò sono diversi.

Prima di tutto, la Russia non aveva accumulato abbastanza truppe per un’offensiva seria per mantenere il controllo su un territorio vasto come l’Ucraina. Secondo gli esperti, sarebbero state necessarie almeno 400 o 500 mila truppe per una simile impresa. In secondo luogo, gli ucraini non vedevano di buon occhio i russi da quando, nel 2014, prima venne sottratta la Crimea e poi, nello stesso anno, iniziò il conflitto nel Donbas. Pensavo che sarebbe stato da pazzi tentare di invadere un paese viste tali premesse. Ma, come poi si è visto, i russi si aspettavano una vittoria veloce e una resa da parte degli ucraini. In realtà le tensioni tra i due popoli esistono già da prima del 2014, ma su questo, per ora, non mi dilungherò.

Il periodo natalizio del 2021 trascorse normalmente. Non ero minimamente preoccupato. Abbiamo fatto le spese natalizie per preparare la cena a casa. Poi, a Capodanno, abbiamo festeggiato a casa dei suoceri. Mia suocera, in un breve momento, espresse preoccupazione per il futuro, dicendo che forse non avremmo festeggiato un altro Capodanno l’anno successivo, riferendosi alla possibile invasione. Ma non ci pensammo troppo e continuammo coi festeggiamenti. 

Solo quando circa una settimana prima dell’inizio dell’invasione, iniziai a preoccuparmi. Questo perchè le truppe stanziate al confine avevano iniziato a segnare i propri carri armati e altri veicoli con le lettere “Z”, diventata ben famosa, e “V”, per le truppe stanziate in Bielorussia. Questo era un chiaro segnale che c’era l’intenzione di procedere con l’invasione. Inoltre durante questa settimana l’Ambasciata italiana, tramite SMS, invitava gli italiani residenti in Ucraina a lasciare il paese.

Sopra, alcune immagini dalle festività di Natale 2021

L'inizio dell'impensabile

Il 24 febbraio 2022 è un giorno difficile da dimenticare. Sia io che mia moglie stavamo facendo le ore piccole, a casa dei suoceri. Io ero in camera al computer quando, navigando online, vidi un articolo sul discorso di Putin in cui faceva la sua dichiarazione di guerra, o come la chiamò lui, una “operazione militare speciale”. Passai poi le due ore successive a guardare i filmati delle telecamere sparse per l’Ucraina, dove si potevano notare esplosioni e nubi di fumo. Quando andai da mia moglie, che si trovava in cucina, lei non aveva ancora letto le notizie. Quando glielo dissi, non mi volle credere. Credo sia normale non voler credere che la propria nazione stia subendo un’invasione.

Inutile dire che non riuscimmo a dormire. Passammo la giornata costantemente online, a leggere notizie. I soldati ucraini si stavano dirigendo al fronte per difendere la nazione, mentre i russi continuavano a bombardare il paese con missili. Durante i primi giorni sentimmo un forte rumore, sembrava provenire da appena fuori la finestra d’ingresso, come un missile. Lo sentimmo soltanto passare, ma mai esplodere. Spesso si sentivano esplosioni causate da carri armati che combattevano non troppo lontano da dove ci trovavamo. Ogni volta che sentivamo dei rumori, ci recavamo nel seminterrato di casa, una stanzina alta poco più di un metro, dove i suoceri tengono le conserve e altri cibi per l’inverno. Con noi scendevano anche i gatti, che non erano affatto contenti della situazione. Quando le battaglie si facevano più vicine, sentivamo le vibrazioni provenire dal sottosuolo. A febbraio e inizio marzo faceva particolarmente freddo, quindi, quando scendevamo, andavamo ben vestiti e ci portavamo delle bottiglie in plastica da un litro e mezzo riempite d’acqua calda. A volte restavamo lì sotto per ore e ore. Abbiamo avuto la fortuna che i soldati russi non sono mai arrivati nella nostra città, a parte una breve avventura di due carri armati russi, che erano passati per la strada a un centinaio di metri da casa nostra. Sono stati neutralizzati poco più lontano.

 
seminterrato-patate

Il seminterrato in cui ci rifugiavamo ogni qualvolta udivamo delle esplosioni. 

La vita durante l'invasione

Le città vicine, nella regione di Chernihiv, non ebbero la stessa fortuna. Una volta che i russi furono sconfitti e abbandonarono le regioni di Kyiv e Chernihiv, si scoprirono gli orrori commessi dall’esercito russo a Bucha, Irpin e in molte altre città. In alcune località a meno di dieci chilometri da dove mi trovo, i soldati presero di mira le popolazioni locali, portando gli uomini ucraini nei seminterrati e sottoponendoli a torture tipiche dei tempi sovietici. Una di queste tecniche, chiamata “l’elefante”, consisteva nel legare le mani della vittima dietro la schiena, applicandole una maschera antigas con un lungo tubo, da cui il nome “elefante”. Il soldato russo soffocava la vittima chiudendo l’altra estremità del tubo. Ripetendo tale procedura più volte, la vittima confessa qualunque cosa pur di far smettere l’aggressore. Altre testimonianze riportano granate lanciate nei seminterrati dove si nascondevano i civili, stupri su donne e bambine, e molto altro. 

Una delle mie paure principali era che i russi utilizzassero armi termobariche. Da alcuni rapporti era emerso che avevano sistemi di questo tipo non troppo lontano da dove mi trovo. Si tratta di un’arma che può rompere i polmoni, e nascondersi in un seminterrato è inutile, poiché rimuove tutta l’aria circostante, rendendo impossibile respirare. Armi del genere sono state più volte utilizzate contro i civili. Alcune volte vedemmo dei missili esplodere non troppo lontano da dove abitiamo, soprattutto a fine marzo, negli ultimi giorni in cui i russi terrorizzavano la regione. 

Le prime due settimane pensai molte volte a come fuggire, ma presto ci ritrovammo circondati da ogni lato dall’esercito russo. A Nord avevamo invaso il resto della regione, ad Ovest si stavano dirigendo verso Kyiv, e ad Est stavano provando a prendere il controllo per un’altra strada in direzione della capitale. Circolavano già allora molte storie su quanto fosse pericoloso viaggiare, poiché i russi attaccavano i civili senza alcun motivo particolare. Durante questo periodo ottenni molto aiuto e informazioni dal console onorario di Leopoli, che mi mise in contatto con alcune persone per aiutarci a lasciare l’Ucraina, ma per paura di eventuali attacchi durante il viaggio, evitammo di muoverci. 

Fino all’eventuale liberazione della regione, trovare alimenti non sempre risultava così facile. Abbiamo avuto la fortuna che i suoceri avessero delle galline, quindi durante questo periodo mangiammo molte uova. Inoltre alcune associazioni, in special modo religiose, rischiavano la vita ogni giorno per portare aiuti umanitari in tutte le città, sia quelle libere che quelle occupate. Per quanto riguarda l’acqua, purificavamo l’acqua ferrosa che esce dal rubinetto. Spesso nelle piccole città di campagna in Ucraina non è al 100% potabile, quindi i filtri che avevamo ci risultarono utili. Ed in tale situazione non ci si fa molto caso. 

Tornammo nell’appartamento che affittavamo prima della guerra solamente a maggio, quando ormai i soldati russi avevano abbandonato completamente la regione. Trovammo una Kyiv semi-deserta, con centri commerciali quasi vuoti, sia di persone che di prodotti. Nei mesi successivi, la situazione nella capitale tornò alla, per così dire, normalità, con le persone che erano fuggite e che ora facevano ritorno. Il nostro obiettivo non era Kyiv, poiché volevamo rientrare in Italia e avevamo acquistato i biglietti del bus che ci avrebbe riportato in Friuli. Purtroppo mi ammalai, una semplice febbre. Probabilmente il fatto di aver visto le case distrutte lungo il tragitto da Chernihiv a Kyiv fu uno shock per il mio sistema immunitario. Vedemmo case completamente distrutte, anche abitazioni con scritte come “Bambini” e “Persone” sui cancelli, per segnalare che lì vivevano solo civili.

Alcune immagini delle case distrutte dal passaggio dei carri armati russi

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